Le novità nazionali e le prospettive della professione.

Intervista al Presidente dell’Ordine Psicologi Umbria David LAZZARI, a cura di Riccardo Gasperini.

04 APR 2017

Al convegno di Terni dei 31 marzo per la prima volta insieme a livello nazionale gli Ordini di Medici, Infermieri e Psicologi, cosa significa?

Significa il crescente riconoscimento di ciò che fanno gli Psicologi non solo per il “benessere” ma per la “salute” in generale. Questa è la conseguenza delle evidenze scientifiche sul ruolo degli aspetti psicocomportamentali per la salute (cause della salute e delle malattie) e di impatto degli interventi psicologici e psicoterapici (che agiscono non solo sulla salute psichica). Fa una grande differenza per una professione, perché di benessere possono occuparsene in tanti e in tanti modi (basta guardarsi intorno) mentre gli operatori che si occupano di salute sono ben definiti e riconosciuti dallo Stato. Ricordiamo che la salute è un diritto costituzionale e le professioni che se ne occupano hanno prerogative specifiche.

 

I Livelli Essenziali di Assistenza ed il Piano Nazionale della Cronicità – temi dei quali lei si è occupato in prima persona a livello nazionale – contengono un importante riconoscimento del ruolo degli Psicologi, siamo ad una svolta?

La grande svolta è che l’assistenza psicologica è riconosciuta come un “livello essenziale di assistenza”, non solo nei settori più tradizionali (minori ed adulti con disturbi nella sfera psichica, dipendenze) ma anche per persone con disabilità, con patologie croniche e – un aspetto molto significativo – con “disagio psichico”. Siamo riusciti ad avere delle norme che ci proiettano molto in avanti e questo è un fatto di civiltà oltre che una grande opportunità per la professione. Adesso – a livello nazionale e nelle regioni – dobbiamo lavorare per riempirle di atti concreti, un lavoro che sarà molto impegnativo e richiederà idee chiare, lungimiranti e condivise. Non è che una norma cambia automaticamente la realtà, ma tra averla e non averla c’è una grandissima differenza, credo lo capiamo tutti, è un punto di partenza.

 

Cosa vorrà dire, più Psicologi nei servizi pubblici? Ed il privato?

Nel 2014, quando ho iniziato a lavorare nell’Ordine vi era una sfiducia diffusa sul futuro della Psicologia nel servizio sanitario, sembrava a molti una realtà in dismissione. Ora ci sono le premesse non solo per maggiori posti di lavoro ma anche per avere un autogoverno della professione, sin qui gestita quasi sempre da altre figure. Una prospettiva non da poco visto il sottofinanziamento del servizio pubblico. Sparire dalla Sanità non era solo perdere alcune migliaia di posti di lavoro ma diventare una professione di serie C: e questo avrebbe penalizzato anche tutti i liberi professionisti! Pubblico e privato non sono opzioni alternative, anzi dobbiamo fare in modo che si potenzino. Per l’attuazione di queste nuove norme creare nuovi posti e far entrare giovani colleghi nel pubblico comunque non basterà, dobbiamo aprire anche in campo psicologico il convenzionamento con i liberi professionisti. E’ un tema di lavoro fondamentale.

 

Con queste aperture ci saranno più possibilità di lavoro, in generale, per gli Psicologi?

Assolutamente si. Però abbiamo un grande problema che dobbiamo affrontare. Dieci anni fa gli iscritti all’Ordine erano 50 mila, se ci fosse stato un aumento fisiologico (come per altre professioni) oggi potrebbero lavorare tutti e bene. Invece siamo raddoppiati, oltre 100 mila. Se pensiamo che ci sono oltre 60 mila studenti nei corsi di laurea tra cinque anni saremo oltre 150 mila, una crescita fuori controllo. Chiunque conosce le regole del mercato: quando c’è inflazione c’è svalutazione. Una regola semplice ma molto efficace. Si lavora per incrementare le opportunità ma coloro che cercano lavoro aumentano molto di più e così si rischia di avere migliaia di giovani frustrati e delusi. Io credo che tutto ciò non sia assolutamente etico.

 

Una “pletora” di Psicologi, che fare allora?

Se da un lato abbiamo l’Università che pensa solo a sfornare laureati e dall’altra l’Ordine che cerca di governare la professione il problema non si risolve. Come se in una azienda – mi si perdoni il paragone – chi produce e chi gestisce la rete di vendita non si parlassero, o agissero in contrasto: che futuro avrebbe questa azienda? E’ ovvio che tutti dobbiamo farci carico del problema, non si può dare un titolo professionalizzante a prescindere dal mercato di quella professione. Mi spiego: o si crea una laurea di cultura psicologica che non porta alla professione, accanto a quella professionalizzante (prospettiva che mi sembra complicata), o si mette un limite molto serio agli accessi. Questo è un tema di sopravvivenza per la professione e una grande prova di solidarietà tra accademici e professionisti, tra tutti gli Iscritti all’Ordine: occupati, sottoccupati e disoccupati, pubblici e privati. Moltiplicare i laureati al di fuori di ogni prospettiva di mercato vuol dire impoverire tutti, ma soprattutto quelli che ancora stanno ai margini.

 

Ma chi decide questo?

Certamente è lo Stato che decide, non noi. Però sta a noi fare proposte forti ed unitarie. E’ un tema sul quale tutti dobbiamo assumerci chiare responsabilità. Io dico come la penso: è sbagliato avere un rapporto cittadini-psicologi che non ha eguali al mondo, è sbagliato affidare al “dio-mercato” di regolare tutto. Il “capitale umano” non può essere trattato come un prodotto!

 

Lei assegna all’Ordine una funzione di promozione del lavoro psicologico?

L’Ordine per legge non ha questa funzione: nasce per tutelare l’utenza e dare garanzie di preparazione. Però è evidente che deve dare rappresentanza e voce alla Professione, inoltre questo è un tema che riguarda non solo l’occupazione ma anche le tutele per l’utenza: uno psicologo che lavora troppo poco non solo è sotto-occupato ma potrà acquisire anche meno esperienza! In generale ritengo che l’Ordine, oltre alla formazione, soprattutto sugli strumenti di lavoro (a costo zero e per tutti gli Iscritti), debba promuovere una immagine visibile, autorevole, efficace, della Professione, negli ambiti tradizionali e intercettando nuovi bisogni nella società. Le società scientifiche ed il sindacato devono collaborare in questo lavoro per i loro ruoli, c’è bisogno di sinergie per diventare più forti.

 

Non pensa che il problema si affronta anche con la lotta all’abusivismo?

Se mi dice “anche” le dico di si. La lotta all’abusivismo va fatta e fatta con intelligenza, è un dovere, ma non elimina il problema di troppi laureati! L’Ordine umbro ha promosso una campagna verso i cittadini per far comprendere che “lo Psicologo è una garanzia”, per distinguere l’originale dalle imitazioni. Faremo anche delle iniziative verso gli Iscritti per aiutarli a segnalare le situazioni ambigue. Affrontiamo il problema da tutti i versanti, per tutelare utenti e professionisti.

 

Ottimista o pessimista sulle prospettive?

Viviamo in un mondo complesso dove la Psicologia rappresenta una delle chiavi indispensabili per comprendere la realtà e per migliorarla. Perciò il bisogno di buona Psicologia c’è e crescerà ancora. Ma, attenzione, non è scontato che si traduca in lavoro e spazi per gli Psicologi. Dobbiamo saper dimostrare che siamo gli interpreti migliori, che abbiamo strumenti efficaci e flessibili, adatti ai diversi contesti e situazioni. Questa è una sfida costante, che richiede creatività, maturità e saggezza. E la giusta dose di passione.

Intervista di Riccardo Gasperini del 4 aprile 2017