Analisi dell’osservatorio GIMBE sui programmi elettorali per la salute

ELEZIONI 2018: Monitoraggio indipendente dei programmi elettorali SANITÀ E RICERCA BIOMEDICA

28 FEB 2018

Diversi sono i fattori che oggi minano la sostenibilità di tutti i sistemi sanitari: il progressivo invecchiamento delle popolazioni, il costo crescente delle innovazioni, in particolare quelle farmacologiche e il costante aumento della domanda di servizi e prestazioni da parte di cittadini e pazienti. Tuttavia, il problema della sostenibilità non è di natura squisitamente finanziaria, perché un’aumentata disponibilità di risorse non permette comunque di risolvere cinque criticità ampiamente documentate nei paesi industrializzati:
l’estrema variabilità nell’utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie; gli effetti avversi dell’eccesso di medicalizzazione; le diseguaglianze conseguenti al sotto-utilizzo di servizi e prestazioni sanitarie dall’elevato value; l’incapacità di attuare efficaci strategie di prevenzione; gli sprechi, che si annidano a tutti i livelli.

In tal senso, il dibattito sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è stato affrontato in maniera distorta dalle varie categorie di stakeholder che, guardando a un orizzonte a breve termine, sono rimasti arenati su come reperire le risorse per mantenere lo status quo, allontanando la discussione dalle modalità con cui riorganizzare il sistema sanitario per garantirne la sopravvivenza. Per tale ragione, nell’ambito della campagna #salviamoSSN, il 1° Rapporto GIMBE sulla sostenibilità del SSN ha affrontato questa criticità secondo una prospettiva decennale (2016-2025), arco temporale sufficientemente lungo per attuare gli interventi necessari per fronteggiare la crisi.

Il 2° Rapporto GIMBE, pubblicato nel giugno 2017, ha analizzato in maniera dettagliata le quattro criticità che condizionano la sostenibilità del SSN (definanziamento pubblico, nuovi LEA, sprechi e inefficienze e deregulation della spesa privata intermediata) e si innestano in uno scenario caratterizzato da 21 sistemi sanitari con enormi diseguaglianze regionali. La rivalutazione della prognosi del SSN al 2025 conferma che la cifra necessaria per garantirne la sostenibilità (almeno € 210 miliardi di spesa totale) richiede l’esplicita volontà di rimettere al centro dell’agenda politica la sanità pubblica e, più in generale, il sistema di welfare, sintonizzando programmazione finanziaria e sanitaria sull’obiettivo prioritario di salvaguardare la più grande conquista sociale dei cittadini italiani: un servizio sanitario pubblico equo e universalistico da garantire alle future generazioni.

L’approssimarsi delle consultazioni elettorali è stata per la Fondazione GIMBE l’occasione per un bilancio della XVII legislatura, che per la sanità è stata caratterizzata da un insolito paradosso. Da un lato, numerose sono le pietre miliari per l’evoluzione del SSN frutto di un’intensa attività legislativa e programmatoria: dal DPCM sui nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) al DM sulla responsabilità professionale, dal decreto sull’obbligo vaccinale all’albo nazionale per i direttori generali, dal patto per la sanità digitale ai fondi per i farmaci innovativi, dal piano nazionale della cronicità a quelli della prevenzione e della prevenzione vaccinale, dal DM 70/2015 al decreto sui piani di rientro degli ospedali, dal biotestamento al DDL Lorenzin che regolamenta ordini professionali e sperimentazioni cliniche. D’altro canto, la legislatura è stata segnata da un imponente definanziamento che, oltre a determinare la progressiva retrocessione rispetto ad altri paesi Europei, sta minando seriamente l’erogazione dei LEA, mettendo in luce il drammatico scollamento tra esigenze di finanza pubblica e programmazione sanitaria. Infine, dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti è stato fatto per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni, trascurando che da un punto di vista etico, sociale ed economico è inaccettabile che il diritto costituzionale alla tutela della salute, affidato ad una leale quanto utopistica collaborazione tra Stato e Regioni, continui ad essere condizionato da politiche sanitarie regionali e decisioni locali che generano diseguaglianze nell’offerta di servizi e prestazioni sanitarie, alimentano sprechi e inefficienze ed influenzano gli esiti di salute della popolazione.