Risposta alla lettera aperta di Rolando Ciofi

Viviamo una stagione decisiva per la Professione ed io sarò un “presidente scomodo” per molti.

Caro Collega,
rispondo alla lettera aperta che mi hai indirizzato, innanzi tutto ringraziandoti per l’attenzione e per l’apprezzamento che esprimi per quanto fatto. A soli 15 giorni dalla mia elezione mi sembra un bilancio positivo. Anche perché l’unico aspetto critico che esprimi è sulle lauree telematiche.

Su questo devo puntualizzare che la posizione del CNOP consegue ad un documento del Consiglio Nazionale votato nel luglio 2019 da maggioranza e minoranza. Inoltre il Decreto Fioramonti non è stato ritirato né per volontà del Parlamento né per ciò che dice nel merito, bensì per un mera questione procedurale sollevata dalla Corte dei Conti.
In ogni caso la partita è aperta e tutti gli Ordini delle professioni della salute hanno preso una posizione comune su questo tema che coincide con quella del CNOP.
Capisco che la tua posizione, è coerente con la visione che da sempre esprimi sulla professione. Io apprezzo la tua chiarezza ma nel merito ho una visione diversa. Quella di una professione “forte”, ben definita pur nella sua vasta articolazione operativa. Penso che la legge 3/18 che ha riconosciuto gli Psicologi come professionisti della salute sia una tappa-spartiacque: valorizza un percorso e apre una fase nuova, che dobbiamo cogliere in tutte le sue potenzialità.

Per troppo tempo i temi della Salute venivano relegati ai colleghi operanti in Sanità, ma “Salute” e Servizio Sanitario non sono la stessa cosa. Si lavora per la Salute in tutti i contesti ed ambiti dove di fa prevenzione, si promuovono le risorse ed il benessere delle persone, delle comunità, delle organizzazioni. Si fa salute sviluppando il potenziale umano, relazioni sane, educazione emotiva, comunicazione efficace, ambienti a misura d’essere umano, sviluppo sostenibile e così via.

Oggi siamo più forti, perché la legge 3/18 ci dice che i nostri interventi producono salute, al di là dell’ambito dove si svolgono. E da maggiori tutele alla professione.
Ci da anche più forza per chiedere una declinazione operativa nei diversi contesti. Siamo cresciuti un po’ ovunque sotto la spinta dei bisogni ma manca una normativa coerente a livello nazionale e regionale, in Sanità, nella Scuola, nelle Cure Primarie ,solo per fare esempi, la società ha bisogno di una rete psicologica articolata e pubblica. Magari anche attraverso forme innovative di integrazione e collaborazione tra pubblico e liberi professionisti. Non si può accettare che lo Psicologo sia un lusso che può avere solo chi può permetterselo.

L’altro grande obiettivo è quello di regolare diversamente la formazione di laurea e quella post, renderla più professionalizzante ed operativa, più legata ai mercati del lavoro. Dobbiamo tutti fermarci a riflettere: abbiamo in Italia lo stesso numero di Psicologi degli USA, il doppio della media europea di psicologi per abitanti. Questo sta producendo inflazione del titolo professionale con danno per tutti. Che senso ha far studiare una persona per oltre cinque o dieci anni per poi fargli fare altro? Si parla molto di “diritto allo studio” come un bene collettivo, ma poco di “diritto al lavoro”, che viene considerato come un problema del singolo. Ma le due cose devono essere viste come due facce di una stessa medaglia! Moltiplicare i laureati ha reso la nostra la professione più povera in termini di reddito pro capite, una comunità lacerata dal fatto che metà degli iscritti all’Ordine non esercita la professione.

Possiamo andare avanti così? Io dico di no e l’abbiamo scritto ben chiaro nel programma. Che forse pochi hanno letto perché è lungo. Ma è lungo non per retorica ma perché vuole affrontare i problemi. Vuole chiamare tutti i protagonisti del mondo psicologico a dire cosa vogliono, è il tempo delle scelte e delle responsabilità. O andiamo avanti o si torna indietro, questa secondo me è la posta in gioco.
Ecco perché probabilmente sono un “presidente scomodo”. Non ho appartenenze da tutelare o difendere, il mio unico faro è la professione. Dopo una vita dedicata alla professione pura sono arrivato ad occuparmi di politica professionale da pochissimi anni, non ho in questo la storia tua o di molti altri. Ma non la considero una debolezza perché mi fa sentire libero di tornare al mio lavoro quando sarà terminato il compito al quale sono stato eletto.

Caro Ciofi, possiamo dissentire ma è importante farlo con rispetto reciproco e spirito di colleganza, come traspare dalla tua lettera, ma anche saper convergere su obiettivi comuni. L’unità di intenti rafforza la professione, perciò la auspico almeno sugli obiettivi più importanti, anche perché l’Ordine su alcune cose può decidere ma sulle più importanti può solo proporre: al Governo, al Parlamento, alle Regioni, ai vari soggetti che decidono. E queste proposte più sono condivise e più hanno forza e possibilità.

Cordialmente
David Lazzari